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Punti di vista: la vita guardata dal basso di una carrozzella
Pubblicato giovedì 26 marzo 2015 alle 18:16:20 - By Lidia IanuarioOre 8.00, una giornata calda ma dal venticello fresco e leggero. M?incammino, spingendo la mia carrozzella, verso la piazza, dove c?è il “Bar dello Sport” per incontrare i miei amici e iniziare con loro la mattinata, che si prospetta piena di impegni. Vado alla cassa, pago i soliti ottanta centesimi di euro, e porgo lo scontrino sul bancone, ma questo, ahimé, cade per terra. Cerco allora con lo sguardo qualcuno che possa aiutarmi, trovo un bambino, che gioca col suo cane. Questi lo prende e lo raccoglie col muso, lo accarezzo, e lui mi lecca la mano scodinzolando. Eh sì, gli animali sono alla mia altezza e con loro è facile comunicare, invece, con i miei amici, sono costretto ad alzare il capo.
Una volta, ricordo, sono rimasto con lo stesso “incriccato”, troppe ore in una postura sbagliata. Questo è solo l?inizio! Non c?è nessuno che mi porge il caffè, così rivado dalla cassiera e chiedo: «Scusi, è possibile il servizio al tavolo? Quant?è, per la differenza?». La cassiera mi guarda coi suoi occhioni color nocciola, e, un po? spiazzata, vedendo la mia carrozzella, dice: «Offre la casa». Poi, rivolgendosi al cameriere: «Servizio al tavolo!». Io bevo il mio caffè, ma un attacco di colite acuta mi pervade, così cerco di arrivare alla toilette la cui porta, immancabilmente, è tremendamente stretta. Allora chiedo aiuto e, a furia di buttarmi, al suono di “e uno, e due, e tre”, finalmente riesco a passare. Puff, puff, che fatica, sono appena le nove del mattino. Già mi sento stanco!
In ufficio. Eccomi arrivato, ma non ho potuto usare alcun ausilio, mentre ascoltando la radio un politico parla di città senza barriere architettoniche. Ah, ah, ah, mi vien da ridere. Mi chiamo Antonio e sono un disabile. Non amo gli epiteti che nel corso del tempo sono stati usati: “diversamente abile”, “colui che ha abilità diverse”. Diciamocela tutta, questa è un?Italia che non fa per me, dove non ci sono abbastanza ascensori perché bisogna preservare “il paesaggio, patrimonio indiscusso”, manco fosse un luogo della FAI, o per le peculiarità del territorio. A Ischia, isola vulcanica e paradiso terrestre, non potrò mai andare, ma nemmeno a Posillipo. E se volessi prendere un treno? Dipende! A Napoli c?è troppo dislivello e sugli autobus il posto a me riservato è sempre occupato dall?ennesimo ragazzo “nato stanco”.
Di prima mattina?
Che bisogna dire? Questa è la vita di un dis-abile. Io non posso, già, non posso: ammirare un parco, perché vi sono le auto davanti; parcheggiare in un supermercato, perché qualcuno ha già occupato il mio posto; avere diritto ad una pensione, perché causa imbrogli le restrizioni sono tante e bisogna compilare così tante scartoffie che intanto di anni ne son passati eccome!
Tu, uomo libero, che corri e vai di fretta, nemmeno ti accorgi di me... allora sai che c?è di nuovo? Io il mio posto non te lo cedo, e anche se non devo fare la spesa, tutti i giorni occupo quel parcheggio a me riservato. Quando qualcuno mi dice: «Scusi, ma a Lei non serve!», allora dico: «Neanche a me. Prenditi pure il mio handicap, però! Nemmeno a me serve!». Allora chiamo l?Associazione Sclerosi Multipla e prenoto un posto in uno degli alberghi più lussuosi, dove in piscina posso andare e le strade e i vialetti sono tutti pianeggianti.
Mentre sorseggio il mio Spritz, penso a te, uomo “abile”, e un sorriso beffardo appare in volto. Tiè, alla faccia tua, ho mandato mio nipote a ritirare la pensione e, mentre tu lavori il 15 agosto senza un condizionatore acceso, io sono qua a guardarmi i corpi sinuosi delle cameriere.
Alla fine, avere un handicap, avrà ancora i suoi vantaggi, o no?
Con me, qui, sono tutti cortesi e, per una volta, posso guardarli dallo stesso punto di vista!
Lidia Ianuario
(Riproduzione riservata ©)
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la vita già di per se non è semplice per nessuno e per chi guarda da una carrozzella lo è ancora di più. Non siamo una nazione educata su nulla: non accettiamo chi è differente da noi. Dovremmo prendere buttare via tutto e iniziare nuovamente. E dire che siamo il paese che ha avuto sempre in casa l'insegnamento delle sacre parole. Come mai allora siamo così?