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Sabato 26 novembre • ore 19, Pietro Vanessi & Lucilla Masini presentano: "Donne...
Satirichinson
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L'Italia in satira, dagli anni '70 ai giorni nostri - Roma - Luglio 2016
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Con la cultura non si mangia… Sigh
Pubblicato giovedì 09 gennaio 2014 alle 18:50:15 - By Maria Della Miranda
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Pierpaolo Pasolini anche lui aveva colto avvisaglie del decadimento morale e culturale che tanto, adesso, ci è ahinoi! familiare.
Temo che questo passaggio sia avvenuto un pò ovunque ma che in Italia abbia assunto forme assai drammatiche. Adesso si vorrebbe forse correre ai ripari, anche se più per enunciazioni di facciata che per atti concreti, ma il peggio è stato fatto.
Il buon vivere passava una volta per l'affinamento del gusto, delle doti intellettuali. Un mondo che si assimilava in famiglia, a scuola, se ne cercavano riscontri nel territorio; nel nostro territorio che per quanto devastato o poco curato non manca certo di grandi e numerose testimonianze di raffinato intelletto, arte e cultura.
Abbiamo dimenticato la nostra "Cifra" unica nel mondo, quella per il quale il mondo ci riconosce e ci ama. Quella "Cifra" è un condensato di abilità, senso estetico, intuito veloce, sapienza artigianale, profondità di pensiero, una spiritualità anche laica che arriva da lontano. Che tutto questo possa essre andato perduto non è possibile. Se ritorneremo a bere la nostra acqua alle nostre sorgenti, troveremo la forza e il valore necessari a vincere qualunque crisi e risorgere. Altrimenti la crisi finirà, come tutto prima o poi ha un termine, ma questa fine ci troverà avviliti e confusi perché ancora orfani di un mondo che a forza ci è stato tolto. Un popolo che conserva i contatti con la sua anima profonda difficilmente soccombe e serenamente può affrontare le grandi scommesse del futuro.
Concordo con la sua analisi a cui aggiungerei che, assai spesso, il decadimento da lei denunciato ha “un nome e cognome”. In primo luogo, ed è drammaticamente sotto gli occhi di tutti (o di chi vuol vedere…), “chi” ha speculato sulla fragilità e sulla dabbenaggine “credulona” delle masse popolari, orientandole e guidandole nella direzione “da lui” voluta attraverso la televisione e i modelli che essa propone.
Secondariamente, e questo in modo particolare mi addolora, “gli intellettuali”: per certi versi una responsabilità ancora più grave.
Gli uomini che, dotati di pensiero raffinato dovrebbero “indicare la strada” come è sempre accaduto nella storia, si sono nascosti e sepolti nei loro comodi salotti e, tranne qualche libro scritto e qualche sporadica apparizione televisiva o nell’arte in generale, non hanno sentito il “dovere morale” di unirsi e reagire ai mutamenti che osservavano e ben comprendevano.
La speculazione, oggi, sul malcontento popolare è ancora in corso e i Populismi fioccano sul vento della crisi.
È vero, tranne qualche voce nel deserto gli intellettuali dove sono stati negli ultimi vent'anni.
Alcuni ci avevano già lasciati, come Pasolini; pochi hanno parlato come Cassandra fuori dalle mura Troiane, molti altri hanno taciuto.
Ora speriamo prevalga il sentimento comune della ricostruzione.