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Siamo in guerra a nostra insaputa
Pubblicato venerdì 11 marzo 2016 alle 20:20:17 - By Mario Airaghi
Vignetta di Mario Airaghi
Siamo in guerra. Sì, davvero? Io, devo dire la verità, non me ne ero accorto. Ormai se un paese entra in guerra contro un altro, l' ultimo a saperlo è il popolo. E così, anche in Italia, stiamo prendendo quella strada. Intervenire o non intervenire in Libia? Questo è il problema: partire insieme alla Nato (sempre se parte), o rimanere a scaldare la poltrona? Altro che Amleto, qui ci vorrebbero tutti i personaggi di Shakespeare, messi insieme, per sbrogliare la matassa.
Per confondere un po' le acque, come va di moda al giorno d'oggi, si usa la lingua anglosassone, diventata la panacea di tutti i mali. E allora si parla di conflict, resolution, war, weapons, international accord, jobs act, spending review, no questi ultimi due no, sono un' altra cosa, non so come ci siano finito nell' elenco, scusate.
Comunque avete capito di cosa parlo vero? Ai tempi dell' antica Grecia, i politici venivano chiamati 'sofisti', cioè coloro che parlavano senza dire niente. Beh, direi che da allora le cose non sono cambiate poi molto. I nostri politici continuano a parlare un idioma che capisco poco, usandolo un po' come viene, a caso insomma, per non dire altro.
E così si viene a creare quel marasma generale in cui non si capisce più niente, e in cui il cittadino non sa più a che politico votarsi. L' Italia, da sempre, non ha mai preso una posizione e diciamo che fino ad ora c'è andata bene così. A noi, la Svizzera ci fa un baffo.
Ma quando verrà il momento di alzare quel fondoschiena dalla poltrona, i nostri capi di stato continueremo a parlare inglese o la loro e anche la nostra lingua madre? Una cosa è certa, però, se son rose fioriranno e se son cachi... beh... ci siamo intesi.
Nicola Luccarelli