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Erano veramente tifosi d'altri tempi
Pubblicato domenica 11 maggio 2014 alle 15:16:45 - By Vincenzo Di Michele
Quando Pino Wilson, lo storico capitano della Lazio Campione d' Italia nel 1974, mi raccontò della sua vita calcistica, dei Mondiali di Calcio del 1974 in Germania e della sua militanza nel Cosmos insieme a giocatori del calibro di Pelè Beckenbauer e Carlos Alberto, sinceramente rimasi esterrefatto e ammaliato da codesti personaggi. Come non menzionare poi della Lazio di Maestrelli. Ogni domenica, un pubblico imponente l’accompagnava assiduamente e calorosamente nel suo appuntamento calcistico. Ad accrescere l’attrattiva del tifo biancoceleste, c’era l’interesse per questa squadra stizzosa, stravagante e imperiosa, fatta di giocatori armati di pistole e rigorosamente scissi in due fazioni. Al campo degli allenamenti, ogni giorno, i tifosi si accalcavano per vedere i propri beniamini che se le davano a più non posso nelle partitelle infrasettimanali.
Qualche anno dopo un giocatore della Primavera e della rosa della Lazio ai tempi dello scudetto, racconterà di aver avuto paura durante quelle sfide interminabili. La spaccatura fra i due clan era insanabile. Martini e Re Cecconi non sopportavano gli atteggiamenti dispotici di Chinaglia e Wilson.
La domenica però, la squadra si ricompattava in una tregua di soli novanta minuti e tutti all'unisono facevano sognare quelle settantamila persone che passionalmente e amorevolmente accompagnavano questa squadra viziata, bizzarra e garibaldina. Un calcio d'altri tempi, ma anche tifosi d'altri tempi. A proposito del derby stracittadino romano, come non ricordare l' apostrofarsi dei tifosi. A quei tempi, i tifosi arrivavano allo stadio alle 10 di mattina e attendevano le 14:30 ora del calcio d’inizio. Tra pagnottelle, chiacchiere e cori, erano questi i passatempi cui si dedicavano i tifosi per ingannare l’attesa. Ancora non esistevano i telefonini, ma il tempo passava lo stesso magari scambiando qualche chiacchiera con il vicino di turno. Non lo avevi mai visto prima d’ora però, sembrava come se lo conoscessi da una vita. Per non parlare poi dei bibitari che tra aranciate, birre, coca cola e caffè Borghetti, sapevano regalarti qualche battuta di schietta allegria.
Il derby non era una partita normale. Negli spalti, la rivalità tra le due fazioni era accesa più che mai. C'erano i tifosi che abitavano lontano. Li vedevi arrivare allo stadio tutti a bordo dei pullman dei club con netto anticipo e puntualmente, gli ultimi a ripartire a causa di qualche ritardatario che magari si era intrattenuto allo stadio per qualche commento di troppo nel post partita. Invece , chi abitava in città, era solito andare con il mezzo pubblico. Qualcuno che leggerà forse non ne sarà a conoscenza, ma in quei tempi negli autobus si mangiava, fumava e soprattutto, si parlava senza alcuna diffidenza con il passeggero di turno. Se poi il discorso si allargava, c’era sempre il bigliettaio pronto a dire la sua. E non finiva lì in campo. Difatti, appena terminata la partita, ne iniziava subito un’altra. Era il proseguo dei tifosi che si punzecchiavano tra sfottò e goliardie.
Una volta Wilson mi raccontò che alla vigilia di un derby, stava passeggiando in via Frattina quando un vetturino lo riconobbe. Si accostò e gli disse “salta su capità che porta bene e me raccomanno: fatte vedè bene da lì romanisti che così inizieno a rosicà. Mò se famo un giro in carozza e glié ricordamo a li romanisti, che domenica nun cè trippa pe gatti, perché ce sta er capitano della Lazio che nun li fa segnà”. Come non menzionare di quei sani sfottò, le cene servite da romanisti in divisa biancoceleste o viceversa; i funerali della squadra perdente con bara e corteo funebre al seguito da parte dei vincenti; le colazioni pagate con tanto di rituali folkloristici. Insomma, tutto e di più in ciò che era in fondo, il giusto modo per accompagnare la squadra del cuore .
Testo e sceneggiatura: Romano Garofalo, Disegno: Leone Cimpellin
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